Parte oggi il primo appuntamento con la mia personale rubrica
quotidiana, per tracciare le linee salienti di ogni giornata ai Mondiali di Pechino,
per raccontare gli episodi ed i personaggi rimasti più impressi al Bird’s Nest.
Buona lettura!
REGNO FARAH:
ancora un oro, un altro editto per allungare un dominio sui 10.000 metri che
prosegue incontrastato dai Giochi di Londra. Mo Farah ha fatto poker, quattro ori dal 2012 nelle maggiori
rassegne (Giochi 2012, Mondiali 2013, Europei 2014, Mondiali 2015), segno che
non è proprio demerito degli altri se quando sale in cattedra all’ultimo giro
nessuno riesce a stargli dietro. Oggi c’erano i keniani ad interpretare il
ruolo di guastatori per il britannico, assolutamente sul pezzo in ogni
frammento di gara. Andatura da 65 secondi o poco più ogni 400 metri,
sensibilità sopraffina nel comprendere quando e come premere sull’acceleratore o
decelerare. Insomma, un altro capolavoro tattico di Farah, a cui non ha potuto
nulla il trio degli altipiani composto da Tanui, Muchiri e Kamworor, con lo
stesso statunitense Galen Rupp, altro fenomeno della scuderia di Alberto Salazar,
costretto a piegarsi. Già, Salazar, il guru del mezzofondo statunitense ha
catalizzato le attenzioni in merito a metodi di allenamento dubbi, coinvolgendo
più o meno direttamente lo stesso Farah. La risposta del fenomeno di origini
somale è arrivata in pista, con l’ennesimo oro di una carriera formidabile,
quelle braccia alzate sulla testa hanno fatto battere il cuore forte anche
oggi. Le indagini nel frattempo andranno avanti, la lotta al doping prosegue
probabilmente ancora più incisiva.
GATLIN-BOLT, DUELLO A
DISTANZA: via alle danze sui 100 metri. La gara “nastro azzurro” dell’atletica
ha presentato sulle batterie dei quarti i fenomeni più attesi. Justin Gatlin sfreccia sui 100 in
corsia esterna, una partenza fantastica gli consente di volare in decontrazione
nella seconda parte di gara, facile facile. 9.83 per il “cattivo”, colui che,
uscito dalle sbarre del doping, proverà a sottrarre corona e scettro al re
dello sprint, Usain Bolt. Il giamaicano
risponde a suo modo, volata easy per tenere a bada il minuto Michael Rodgers
alla sua destra. 9.96 per il campione in carica, in un turno che ha lasciato
intravedere anche un buon Asafa Powell,
9.95, per non parlare dei giovani Trayvon
Bromell e Andre De Grasse,
davvero fluidi e reattivi. Otto velocisti sotto i 10 secondi, lo sprint va
straordinariamente veloce in questa edizione iridata. Tanto per fare un
paragone, a Mosca nel 2013 solo in 2 andarono sotto il muro dei 10.00 nei
quarti, stesso dicasi per i Giochi di Londra e per quelli di Pechino del 2008,
segnale importante e probabilmente condizionante per semifinali e finale di
domani.
SCHWANITZ SUONA GONG:
assente la bestiona nera (è il caso di dirlo…), ossia la neozelandese Valerie
Adams, alle prese con i postumi di acciacchi e relativi interventi chirurgici, ci
pensa un’europea a tentare l’assalto al gradino più alto del podio nel getto
del peso. A Christina Schwanitz non
le sembra vero di poter ambire al titolo iridato, con quell’ultimo ostacolo rappresentato
dalla cinese Gong, sostenuta dall’intero Bird’s Nest di Pechino. La teutonica
non perde le staffe e dopo le gittate oltre i 20 metri della rivale, concentra
nel quarto lancio tutte le sue energie per firmare la vittoria con un 20.37 che
ammutolisce lo stadio e fa arrabbiare l’avversaria in divisa rossa. Terzo posto
per la statunitense Michelle Carter che di fatto inaugura il medagliere della
corazzata americana a questi Mondiali.
SIGNORA EATON, PER
ORA GRANDE ENNIS: Jessica Ennis-Hill porta a casa il primo posto al giro di
boa dell’eptathlon. Dopo quattro prove è infatti la campionessa olimpica
britannica a dominare la scena sforando i 4000 punti (4005), seguita passo
passo dalla grintosa giovane connazionale Katarina
Johnson-Thompson. Quarto posto per Brianne Theisen-Eaton, canadese e moglie
di Ashton Eaton, preceduta in classifica anche dall’olandese Visser.
RERO SUPER: un
raggio di luce azzurra nella notte italiana lo hanno portato i maratoneti Ruggero Pertile e Daniele Meucci. Il primo ha confezionato un qualcosa di
straordinario, mettendo insieme la migliore gara della sua vita in termini di
piazzamento, chiudendo addirittura ai piedi del podio all’età record di 41
anni. Vero è che in maratona l’esperienza e la “testa” è bagaglio importante,
anzi, fondamentale da portarsi dietro, ma Rero ha dimostrato ancora una volta
di possedere qualità importanti, di saper leggere ed interpretare i 42 km,
anche quando al suo fianco ci sono ragazzini ventenni con potenzialità da
record mondiale. Sorprendente a tal proposito la debacle keniana, con
purosangue costretti a piegarsi sotto la graticola di un tracciato scaldato dal
sole e con il tradizionale smog di Pechino a fare da sfondo. Assolutamente
strepitosa invece la prestazione del giovane eritreo Ghirmay Ghebreslassie,
cognome che ricorda la leggenda vivente etiope, passo leggero che ad inizio
anno lo aveva portato al secondo posto ad Amburgo in 2h07 e spiccioli. A 19
anni è stato lui il vincitore sul temibile tracciato cinese, staccando l’etiope
Tsegay e l’ugandese Mutai, sul podio nell’ordine. Poi appunto un inatteso
Pertile, con il campione d’Europa Daniele Meucci poco più dietro, ottavo,
rallentato in gara da problemi intestinali, a portare l’Italia al vertice
continentale. I due si allenano assieme, sotto lo sguardo di coach Massimo Magnani,
segno che la scuola italiana sa lavorare bene se c’è la materia prima. Adesso l’augurio
per la maratona azzurra è che ai due si aggreghino altri prospetti in grado di
crescere sotto le ali di tali punti di riferimento.
ITALIA K.O.: al
di là delle buone prove in maratona, sulla pista dello stadio era difficile
prevedere una partenza così nefasta per la squadra italiana. Sette italiani su
sette fuori al primo turno, qualcuno prevedibile, qualcun altro decisamente
meno. E’ il caso di Giordano Benedetti
che si è visto soffiare sotto gli occhi la qualificazione sugli 800 metri, male
anche Marco Lingua, troppo distante
dal top stagionale. Non brillano neanche Chiara
Rosa nel peso e Simona La Mantia,
per la siciliana troppo poco un 13.77 nel triplo. Sprint azzurro maschile praticamente
azzerato a questi Mondiali, con Jacques
Riparelli evanescente nei quarti con un modesto 10.41, la brutta copia dell’atleta
pimpante ad inizio stagione. Poco di
buono anche da Margherita Magnani,
quest’anno alle prese con un tribolato rientro da infortuni, sfortunata sui
1500 con il primo tempo delle eliminate, 4:09.06. Impalpabile infine Jamal Chatbi nelle siepi, l’italo-marocchino
non è praticamente mai entrato in gara.
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